Contabilizzazione del calore: obbligo di progetto

Impianti di contabilizzazione del calore.

Ci vuole il progetto????

Certo che si!!!

La Legge 10/91 Art. 26 Comma 3 recita: Gli edifici pubblici e privati, qualunque ne sia la destinazione d’uso, e gli impianti non di processo ad essi associati devono essere progettati e messi in opera in modo tale da contenere al massimo, in relazione al progresso della tecnica, i consumi di energia termica ed elettrica.

L’adozione dei sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del calore è una INNOVAZIONE, nello specifico si introducono due funzioni (termoregolazione e
contabilizzazione) che prima non erano presenti (L.10\91, art. 26, comma 5)

I sistemi di termoregolazione e contabilizzazione devono essere progettati ai sensi della legge 10/91.

Il progetto và presentato in Comune?

L’ articolo 28 della Legge 9 gennaio 1991 n° 10 stabilisce che il proprietario dell’edificio, o chi ne ha titolo, deve depositare in Comune, in doppia copia insieme alla denuncia dell’inizio dei lavori relativi alle opere di cui agli articoli 25 e 26, il progetto delle opere stesse corredate da una relazione tecnica, sottoscritta dal progettista o dai progettisti, che ne attesti la rispondenza alle prescrizioni della presente legge.

Inoltre la ex Legge 46\90 ora D.M. 37\08 impone che tutti gli interventi sugli impianti vengano progettati ai fini della sicurezza.

A ciò si aggiunga il fatto che il BUON SENSO indica sempre di pensare…prima di fare; il lavoro và fatto prima con la testa e poi con le mani.

Infatti progettare vuol dire immaginare e definire un sistema che soddisfi un’esigenza del committente e nello deve definire:

  1. cosa si vuole ottenere (il servizio)
  2. con quali mezzi (con quali apparecchi)
  3. come utilizzarli (istruzioni per l’uso)
  4. come mantenerlo (istruzioni di manutenzione)

Per quanto riguarda un impianto di contabilizzazione (che non è solo un insieme di apparecchiature) il progetto deve dare chiare risposte a queste domande:

  1. che potenza ha ciascun corpo radiante?

  2. come si esegue il conteggio della ripartizione dei costi?

  3. come si applica la norma UNI 10200 nel caso specifico?

  4. quanto valgono i nuovi millesimi riscaldamento?

  5. quanto vale il consumo involontario?

  6. come si calcola l’energia utile ogni anno?

Occorre quindi che il progettista si assuma le sue responsabilità e:

  1. capisca a fondo la situazione dell’edificio e dell’impianto

  2. individui le soluzioni corrette

  3. informi il committente

  4. dia una garanzia di prestazione

  5. sia reperibile a lungo termine per risolvere i problemi

Solo un ESPERTO può assumersi queste responsabilità!
Gli inesperti fanno la loro parte e non si fanno più trovare scaricando al responsabilità su altri….

Nella contabilizzazione del calore l’idea progettuale deve essere trasmessa, controllata verificata e messa in pratica non è sufficiente un pezzo di carta…..
Qualcuno deve seguire il lavoro dall’inizio alla fine sapendo esattamente cosa si deve fare.

Per la contabilizzazione del calore ci VUOLE UN OPERATOE ESPERTO altrimenti si rischia di trasformare un’opportunità nell’ennesima fregatura per l’utente e una fonte inesauribile di problemi e conteziosi per l’amministratore!!!

Contabilizzazione del calore – Circolare-UNI10200-2013

 

VIDEO SPIEGAZIONE SUL PERCHE’ E’ OBBLIGATORIO IL PROGETTO 

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Un piccolo riepilogo di spiegazione

Il D. Lgs 102/14, decreto di recepimento della direttiva europea 2012/27/UE sull’efficienza energetica, introduce in Italia l’obbligo di installare impianti di contabilizzazione del calore, con lo scopo finale di diminuire i consumi e premiare l’efficienza energetica.  Grazie ai contatori di calore tutti gli inquilini o proprietari pagheranno solo il calore che hanno effettivamente consumato, mettendo fine alla pratica finora in uso in molti condomini di ripartire le spese di riscaldamento in base ai millesimi. La “vecchia” ripartizione dei consumi trascurava, e di fatto disincentivava, qualunque strategia di risparmio energetico intrapresa autonomamente all’interno di una unità immobiliare, poiché il risparmio non andava a beneficio del proprietario dell’unità ma veniva ripartito, così come i consumi, tra tutto il condominio in base al calcolo dei millesimi.

Obblighi

Il decreto 102/14 prevede l’obbligo di installazione dei contatori a carico dei condomini, per consentire così la registrazione di tutti i consumi delle singole unità immobiliari. Tutti i condomini con il riscaldamento centralizzato dovranno adottare i contatori di calorie, salvo in caso di impossibilità di poter effettuare i lavori tecnici di installazione. Dopo l’installazione le spese per il riscaldamento saranno ripartite tra i condomini in base ai consumi individuali e ai costi di manutenzione degli impianti, non più da millesimi ma secondo la norma tecnica UNI 10200.

Chi non rispetterà gli obblighi del decreto sarà punito con una multa da un minimo di 500 euro a un massimo di 2.500 euro. Ogni regione italiana regola la propria normativa di recepimento della direttiva, e può eventualmente anticipare l’obbligo: in Lombardia, ad esempio, l’obbligo è già in vigore e il termine ultimo per la contabilizzazione era fissato al 1° agosto 2014.

Scadenze

La direttiva europea 2012/27/UE stabilisce che ogni regione può recepire il decreto in autonomia, pur rispettando l’obbligo imposto a tutti di installazione dei contatori di calore entro e non oltre il 31 dicembre 2016. In questa data tutti i condomini che dispongono di un impianto centralizzato dovranno avere già installato sistemi di contabilizzazione del calore. Gli impianti misureranno e contabilizzeranno la quantità di calore effettivamente consumata in ogni appartamento, consentendo così di attribuire le spese di riscaldamento a chi ha effettuato i consumi.

Tipologie di contabilizzazione

Due possono essere le tipologie di contabilizzazione del calore: diretta e indiretta.

Diretta è quella che si basa sulla misura dell’energia termica prelevata da ciascuna unità immobiliari, attraverso la misura di parametri tecnici in ingresso e in uscita del circuito utilizzatore per quantificare l’energia effettivamente rilasciata nell’appartamento. E’ praticabile nei condomini con distribuzione orizzontale, dove ogni unità immobiliare ha un unico punto di consegna del fluido termovettore: inserendo un contatore di calore su questa tubazione di adduzione si possono misurare direttamente i consumi dell’unità immobiliare.

La contabilizzazione indiretta si basa invece sulla valutazione dell’energia consumata dall’utenza attraverso i dati raccolti da particolari strumenti detti ripartitori di calore. Tali ripartitori misurano indirettamente il consumo di ogni corpo scaldante, attraverso una media tra la temperatura superficiale del corpo scaldante e la temperatura dell’ambiente, e unendo le informazioni fornite da tutti i ripartitori posso fare una proporzione tra i consumi delle varie unità immobiliari che compongono l’intero condominio. La contabilizzazione indiretta è particolarmente adatta per i condomini con distribuzione a colonne montanti, molto diffusi in Italia.

Ripartizione dei consumi

Per quanto riguarda la ripartizione dei consumi, è importante sottolineare che le spese per il riscaldamento non vengono più ripartite in base ai millesimi, ma secondo la norma UNI 10200, che prevede la somma di una quota fissa e di una quota variabile

La quota fissa riguarda i costi di gestione dell’impianto e le perdite di distribuzione dell’impianto, ovvero il consumo involontario e le spese stabilite dal gestore. La quota variabile invece si basa sul consumo volontario, e si basa sui consumi rilevati dai contatori di calore.

Cosa cambia…

La direttiva europea 2012/27/UE introduce un obbligo importante nell’ottica di aumentare l’efficienza energetica del parco edilizio esistente. Ma cosa cambia per tutti i soggetti coinvolti in questa partita?

Per chi abita nei condomini viene sì introdotto un obbligo, con tutte le spese di installazione a loro carico, ma viene contemporaneamente data una grande possibilità di risparmio: abbinando contabilizzazione e termoregolazione gli abitanti delle varie unità immobiliari potranno regolare in autonomia la temperatura del proprio appartamento, pagando solo il consumo reale e smettendo di dover contribuire a finanziare anche le inefficienze dei “vicini”. Un maggiore risparmio economico sarà anche dato dalla nuova ripartizione delle spese, non più in base ai millesimi ma con un calcolo accurato da norma UNI 10200.

Gli amministratori condominiali avranno l’obbligo di far adeguare gli impianti di riscaldamento centralizzato, mediante la presentazione di un progetto che dovrà essere redatto da tecnici specializzati, consegnato in assemblea condominiale e successivamente in comune, in base alle normative regionali vigenti.

Per i tecnici che si occupano di efficienza energetica e di impianti nasce l’esigenza di specializzarsi nella contabilizzazione e termoregolazione del calore, non solo per stare al passo con una normativa giovane e in continua evoluzione, ma anche e soprattutto per essere in grado di offrire ai propri clienti soluzioni e opportunità per migliorare il comfort e risparmiare energia.

Si ricorda che l’installazione dei contabilizzatori di calore beneficia della detrazione Irpef del 65% delle spese sostenute. Per avere il bonus Irperf occorre munirsi dell’asseverazione di un tecnico abilitato che attesti la rispondenza dell’intervento ai requisiti richiesti, la scheda informativa relativa agli interventi realizzati contenente i dati elencati nello schema di cui all’allegato E del decreto 19 febbraio 2007, che va inviata telematicamente all’Enea entro 90 giorni dal collaudo dell’intervento. Tutti i pagamenti poi vanno fatti con bonifico postale o bancario, soggetto a ritenuta al 4%, che deve indicare anche il codice fiscale dell’amministratore o del condomino che ha effettuato il pagamento, oltre che la causale del versamento (“articolo 16-bis, Dpr 917/1986”) e il numero di partita Iva/codice fiscale del soggetto a favore del quale il bonifico è effettuato.
Fonti:
http://www.systemmind.com/
http://www.ediliziaenergetica.it/ 
 

Caldaie: il controllo dei fumi

Ogni quattro anni è obbligatorio il bollino blu per la caldaia, anche di piccola taglia, se non usa fonti rinnovabili. Il rilascio spetta a un tecnico abilitato, che il provato o l’amministratore in condominio è tenuto a fare intervenire. Questo dice la legge. Ma sono molte le differenze tra una regione e l’altra.

Con il Dpr 74/2013 viene sancito l’obbligo di invio del rapporto di controllo ogni 4 anni per le caldaie fra i 10 e i 100 kW. Ma continuano a esserci grandi differenze tra le regioni. Fino al 2015, a livello nazionale la periodicità dell’obbligo era prevista ogni 2 anni per gli impianti fino a 35 kW (quelli domestici) e ogni anno per quelli con potenza superiore. Con il D.lgs. 192/2005 la periodicità è estesa a 4 anni per gli impianti domestici con meno di otto anni di età e 2 per altri impianti, assegnando però alle Regioni la possibilità di mutare tali criteri secondo le proprie realtà territoriali. da quella data, si è assistito a un proliferare di leggi e regolamenti locali che hanno reso il servizio di ispirazione diverso da zona a zona, con interpretazioni della legge differenti.

La regola è stata introdotta la prima volta con la legge 10/91 (decreto attuativo Dpr 412/93): gli impianti termici alimentati non da fonte rinnovabile sono soggetti a un controllo periodico, per verificare che l’efficienza energetica sia ancora quella dichiarata in fase di collaudo. E’ il Dpr 74/2013 a sancire che per le caldaie a gas fra i 10 e i 100 kW l’autocertificazione (il cosiddetto bollino blu) scatta per obbligo solo ogni 4 anni. Le verifiche spettano a un tecnico abilitato, che dietro il pagamento di un onere rilascia appunto un’autocertificazione (rapporto di controllo) e la invia all’ente preposto (Comune o Provincia o ente che gestisce il Catasto degli impianti termici, laddove attivato). L’autocertificazione sostituisce l’ispezione da parte dell’ente preposto. Sono previsti però controlli a campione e sugli impianti che risultano privi di autocertificazione o se questa presenta delle criticità tecniche. In caso di mancato rispetto delle regole scatta un onere di ispezione, il cui importo è variabile a seconda del luogo. Nonostante la norma statale, sussiste grande diversità tra le Regioni (che hanno legiferato in autonomia).

Come è fatta la caldaia

L’elemento principale di una caldaia è il bruciatore, che ha il compito di miscelare il carbonio del combustibile con l’ossigeno dell’aria. Sopra di esso si trova una serpentina metallica, attraversata al suo interno dall’acqua da riscaldare e investita all’esterno dai fumi di combustione. L’acqua riscaldata dalla serpentina è inviata ai tubi del circuito dell’impianto (radiatori o pannelli radianti). I fumi residui vengono quindi espulsi attraverso la canna fumaria che arriva fino al tetto.caldaia-come-e-fatta-300x264

Chi ha adottato le nuove regole?

Le Regioni che hanno recepito di recente norme particolari per l’ispezione delle caldaie sono dieci, cioè Abruzzo, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana, Umbria e Veneto. Di queste, solo Liguria, Lombardia, Marche, Toscana e Umbria hanno regolamentato il servizio di ispezione caldaie nella propria interezza e solo la Lombardia avendo anche citato in modo esplicito la Nuova Direttiva 31/2010/UE avrebbe facoltà di seguire proprie regole locali. In tutti gli altri casi, il Dpr è stato recepito solo in modo parziale, magari per gli aspetti inerenti il libretto di impianto o il catasto (come in Piemonte, Veneto e Sicilia), in altri rimandando la questione all’emanazione di un successivo regolamento (come in Abruzzo e Puglia). Ciò che conta comunque, ai fini degli utenti, è rilevare come anceh i governi locali anche quando hanno preso atto della norma nazionale hanno comunque deciso di agire in autonomia.

Le altre Regioni che applicano le leggi vecchie.

A mantenere le vecchie periodicità e i precedenti criteri sono la maggior parte delle Regioni. Dal Sud al Nord, la tempistica per i controlli è rimasta biennale per impianti e annuale per quelli più grandi a servizio di condomini. Le soglie sono rimaste quelle della vecchia legge (Dpr 551/99 e D.lgs. 192/2005), che individua tre fasce più importanti sotto i 35 kW (quelli domestici) sottoposti a controlli in genere biennali; da 35 a 116 kW (piccoli condomini) e sopra i 116 kW (installati in grandi condomini o edifici non residenziali) soggetti a verifiche annuali. da sottolineare che il limite dei 116 kW trae origine da un motivo strettamente tecnico: fino al 2011, infatti, sopra questa potenza era previsto che per le caldaie fosse prodotto anche il cosiddetto certificato di prevenzione incendi, rilasciato dal Comando provinciale dei Vigili del Fuoco. Obbligo che poi è stato tolto con lo stesso Dpr 151/2011, perchè gli impianti fino a 350 kW sono considerati a basso rischio.


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Centralizzato o singolo: cambia il responsabile

L’obbligo di produrre l’autocertificazione (cioè il rapporto di controllo) del proprio impianto tocca a chi vive nell’appartamento, sia esso proprietario o inquilino. Per l’impianto centralizzato del condominio, responsabile è l’amministratore, che può delegare questo compito a una ditta del settore che assume il ruolo di “terzo responsabile”.

In tutti i casi le verifiche devono essere effettuate da ditte abilitate che, terminato il controllo, compilano il cosiddetto rapporto di efficienza energetica e lo trasmettono all’ente preposto.

La responsabilità di raccogliere le autocertificazioni e di disporre le verifiche a campione ricade in generale sulle Province e sui Comuni sopra i 40 mila abitanti. A loro volta, questi enti sono spesso supportati da agenzie per l’energia o società in house.

Superefficienti e a norma

Dal 26/09/2015 non si possono più costruire apparecchi a bassa efficienza. Quelli costruiti prima possono essere venduti e installati sino a esaurimento scorte. Lo stabilisce la direttiva europea “Eco-design” recepita in Italia con DI 201/2007.

Da settembre 2015 viene introdotta anche la nuova etichetta energetica sugli standard minimi di efficienza delle caldaie: da A+ (max) a G per riscaldamento; da A (max) a G per acqua calda.

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La condensazione

Questa tecnologia è disponibile sia per i modelli “solo riscaldamento” sia per i “combinati” (che producono anche acqua calda sanitaria). I vantaggi:

  1. le caldaie a gas raggiungono un rendimento che supera il 100% (in generale è del 108%/110%), grazie alla capacità di recuperare e sfruttare anche il calore del vapore acqueo contenuto nei fumi;
  2. sono efficienti non solo con impianti a bassa temperatura, ma anche con impianti tradizionali con radiatori in ghisa o alluminio.

L’installazione di una caldaia a condensazione ad alta efficienza e la contemporanea messa a punto del sistema di termoregolazione può portare a diminuire i consumi del 20/30%

La sostituzione della caldaia con contestuale sistemazione dell’impianto di riscaldamento, autonomo o centralizzato gode dell’ecobonus al 65% (detrazione fiscale irpef o Ires) valido fino al 31/12/2015. dal 1/1/2016 lo sconto potrebbe essere inferiore.

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Progettazione antincendio, la nuova normativa in vigore dal 18/11/2015

Le disposizioni di prevenzione incendi si applicheranno dal 18 novembre 2015 a 34 attività su 80

Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 20 agosto 2015 il Decreto 3 agosto 2015 contenente le nuove norme tecniche sulla progettazione antincendio che entreranno in vigore il 18 novembre 2015 ( 90 giorni dopo la pubblicazione ufficiale).

Le norme non si applicano a tutte le attività (non riguardano infatti edifici di civile abitazione, strutture sanitarie, alberghi ecc), ma solo a 34 delle 80 attività comprese nell’elenco allegato al Dpr 151/2011; principalmente le disposizioni si riferiscono ad attività industriali e produttive non normate come pastifici, officine per la verniciatura, officine per la saldatura ed il taglio di metalli, cementifici, stabilimenti siderurgici ecc. Vedi l’elenco.

Applicazione delle norme antincendio

Il decreto specifica che le norme tecniche si applicano alle 34 attività, sia a quelle di nuova realizzazione che a quelle esistenti alla data di entrata in vigore del decreto. Inoltre “in caso di interventi di ristrutturazione parziale ovvero di ampliamento ad attività esistenti alla data di entrata in vigore, le medesime norme tecniche si possono applicare a condizione che le misure di sicurezza antincendio esistenti nella restante parte di attività, non interessata dall’intervento, siano compatibili con gli interventi di ristrutturazione parziale o di ampliamento da realizzare”.

Le norme tecniche possono essere di riferimento per laprogettazione, la realizzazione e l’esercizio delle attività indicate che non rientrano nei limiti di assoggettabilità previsti nell’allegato I del DPR 151/2011.

Prevenzione incendi: le soluzioni progettuali

Il decreto permette ai professionisti di scegliere tra soluzioni prescrittive, soluzioni alternative e il procedimento di deroga. La prima è una soluzione progettuale d’immediata applicazione nei casi specifici, che garantisce il raggiungimento del collegato livello di prestazione e non richiedono ulteriori valutazioni tecniche.

Nelle soluzioni alternative il progettista è tenuto a dimostrare il raggiungimento del collegato livello di prestazione impiegando uno dei metodi di progettazione della sicurezza antincendi ammessi. In quelle in deroga invece il progettista è tenuto a dimostrare il raggiungimento degli obiettivi di sicurezza impiegando uno dei metodi di progettazione della sicurezza antincendio ammessi.

Per le attività previste dal decreto i progettisti potranno scegliere se applicare le nuove norme o la normativa esistente.

Fonte: www.edilportale.com

Gli impianti antincendi

Il D.P.R. 151/2011 che regolamenta i nuovi procedimenti relativi alla prevenzione incendi, introduce importanti modifiche che interessano anche condomini residenziali, incluse le autorimesse e le centrali termiche di loro pertinenza. Tali modifiche riguardano sia i criteri di classificazione di questi edifici, sia i procedimenti necessari per la presentazione della Segnalazione Certificata di Inizio Attività antincendio (SCIA antincendio).

Con l’entrata in vigore del nuovo D.P.R. 151/2011, anche per i fabbricati ad uso civile sono stati introdotte importanti modifiche dei procedimenti relativi alla prevenzione incendi.

Le modifiche introdotte non alterano ne le regole tecniche a cui gli edifici devono sottostare ne, di conseguenza, le opere di adeguamento necessarie, bensì introducono nuovi criteri procedurali per la presentazione della Segnalazione Certificata di Inizio Attività antincendio (SCIA antincendio) che sostituisce l’ormai superato Certificato di Prevenzione Incendi (C.P.I.).

Il D.P.R. 151/2011, inoltre, fissa entro un anno dalla sua entrata in vigore il termine ultimo per la regolarizzazione dei fabbricati esistenti che non risultano ancora in possesso del Certificato di Prevenzione Incendi.

Le attività soggette al controllo dei Vigili del Fuoco presenti all’interno dei condomini vengono classificate in 3 categorie in funzione del livello di rischio; per ciascuna categoria è previsto un differente iter procedurale.

Vengono considerati “a rischio basso” le seguenti attività:

  • Centrali termiche con potenzialità compresa tra 116 e 350 kW (attività 74/A del D.P.R 151/2011, ex attività 91 del D.M. 16 febbraio 1982);
  • Autorimesse con superficie complessiva coperta compresa tra 300 e 1000 mq 1 (attività 75/A del D.P.R. 151/2011, ex attività 92 del D.M. 16 febbraio 1982);
  • Edifici destinati a civile abitazione con altezza antincendio compresa tra 24 e 32 m 2 (attività 77/A del DPR 151/2011, ex attività 94 e 95 del D.M. 16 febbraio 1982).

Per le attività a basso rischio di incendio, l’iter procedurale da istruirsi è il seguente:

  • Predisposizione di progetto di adeguamento alla normativa antincendio da firmarsi a cura di professionista abilitato ai sensi della L. 818/81;
  • Adeguamento dell’edificio alle disposizioni progettuali;
  • Acquisizione di tutte le documentazioni e certificazioni attestanti la regolarità del fabbricato;
  • Presentazione di Segnalazione Certificata di Inizio Attività antincendio (SCIA antincendio) corredata del progetto, delle documentazioni e delle certificazioni di cui ai punti precedenti.

Per tali attività i sopralluoghi da parte dei funzionari dei Vigili del Fuoco sono previsti a campione; il timbro di protocollo della SCIA vale come autorizzazione all’esercizio dell’attività secondo il criterio del silenzio-assenso.

Vengono considerati “a rischio medio” le seguenti attività:

  • Centrali termiche con potenzialità compresa tra 350 e 700 kW (attività 74/B del D.P.R 151/2011, ex attività 91 del D.M 16 febbraio 1982);
  • Autorimesse con superficie complessiva coperta compresa tra 1000 e 3000 mq (attività 75/B del D.P.R. 151/2011, ex attività 92 del D.M. 16 febbraio 1982)
  • Edifici destinati a civile abitazione con altezza antincendio compresa tra 32 e 54 m (attività 77/B del DPR 151/2011, ex attività 94 e 95 del D.M. 16 febbraio 1982).

Per le attività a medio rischio di incendio l’iter procedurale da istituirsi è il seguente:

  • Presentazione di progetto da sottoporsi alla richiesta di valutazione ai fini antincendio ai sensi dall’art. 3 del D.P.R. 151/2011 (ex richiesta di Parere di Conformità Antincendio);
  • Adeguamento dell’edificio alle disposizioni progettuali;
  • Acquisizione di tutte le documentazioni e certificazioni attestanti la regolarità del fabbricato;
  • Presentazione di Segnalazione Certificata di Inizio Attività antincendio (SCIA antincendio) corredata delle documentazioni e certificazioni di cui al punto precedente.

Anche per queste attività i sopralluoghi da parte dei funzionari dei Vigili del Fuoco sono previsti a campione; il timbro di protocollo della SCIA vale come autorizzazione all’esercizio dell’attività secondo il criterio del silenzio-assenso.

Infine, vengono considerate “a rischio alto” le seguenti attività:

  • Centrali termiche con potenzialità superiore a 700 kW (attività 74/C del D.P.R 151/2011, ex attività 91 del D.M 16 febbraio 1982);
  • Autorimesse con superficie complessiva coperta superiore a 3000 mq (attività 75/C del D.P.R.151/2011, ex attività 92 del D.M. 16 febbraio 1982);
  • Edifici destinati a civile abitazione con altezza antincendio superiore a 54 m (attività 77/C del DPR 151/2011, ex attività 94 e 95 del D.M. 16 febbraio 1982).

Per le attività ad alto rischio d’incendio l’iter procedurale da istruirsi è il seguente:

  • Presentazione di progetto da sottoporsi alla richiesta di valutazione ai fini antincendio ai sensi all’art. 3 del D.P.R. 151/2011 (ex richiesta di Parere di Conformità Antincendio);
  • Adeguamento dell’edificio alle disposizioni progettuali;
  • Acquisizione di tutte le documentazioni e certificazioni attestanti la regolarità del fabbricato;
  • Presentazione di Segnalazione Certificata di Inizio Attività antincendio (SCIA antincendio) corredata delle documentazioni e certificazioni di cui al punto precedente.

In questo caso il sopralluogo da parte dei funzionari del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di competenza è sempre previsto, pertanto non vale il criterio del silenzio-assenso.

Tutti i condomini già in possesso di Parere di Conformità Antincendio ma che alla data di entrata in vigore del D.P.R.151/2011 non risultano ancora in possesso del Certificato di Prevenzione Incendi sono tenuti a portare a compimento la pratica attraverso l’attuazione dei progetti precedentemente approvati e presentando, in sostituzione della ormai superata richiesta di rilascio del Certificato di Prevenzione Incendi, SCIA antincendio ai sensi dell’art. 4 del D.P.R. 151/2011 .

 

Tutti i condomini già in possesso del regolare Certificato di Prevenzione Incendi in corso di validità alla scadenza del periodo di validità del certificato devono presentare “richiesta di rinnovo della conformità antincendio” (ai sensi dell’art. 5 del D.P.R. 151/2011) attraverso la presentazione di una Segnalazione Certificata di Inizio Attività antincendio (SCIA antincendio).

In maniera analoga a quanto avveniva per i Certificati di Prevenzione Incendi, anche le SCIA antincendio devono essere rinnovate. Il periodo di validità delle SCIA antincendio varia secondo il seguente criterio:

  • Per le Centrali Termiche (attività 74 del D.P.R 151/2011, ex attività 91 del D.M 16 febbraio 1982) la validità viene estesa da 3 a 5 anni;
  • Per le autorimesse (attività 75 del D.P.R. 151/2011, ex attività 92 del D.M. 16 febbraio 1982) la validità viene estesa da 3 a 5 anni;
  • Per i fabbricati destinati a civile abitazione con altezza antincendio maggiore di 24 m (attività 77 del DPR 151/2011, ex attività 94 e 95 del D.M. 16 febbraio 1982) la validità viene estesa da 6 a 10 anni.

Per i certificati in corso di validità alla data di entrata in vigore del Decreto la scadenza del periodo di validità rimane quella indicata sui certificati medesimi.

Modulistica:

http://www.vigilfuoco.it/aspx/page.aspx?IdPage=737